di Katia Gasparini

Nell’architettura tradizionale il tessuto è percepito idealmente come una superficie senza spessore, assurgendo così al ruolo di elemento decorativo e superficiale, cromatico o neutro secondo le latitudini e le culture.
Sembra lontana l’era in cui l’uomo si costruiva ripari con i tessuti naturali, le pelli degli animali o le fibre vegetali, quindi vere e proprie costruzioni con una identità funzionale e soprattutto formale.
Poi, l’evoluzione delle tecniche costruttive in un certo periodo storico ha relegato la funzione dei tessuti a mera decorazione: tappezzeria, rivestimenti murali ridondanti, ripari temporanei dalle intemperie o dal sole. Fino ad epoca più recente in cui le normative (2006) hanno imposto l’impiego di schermature solari su edifici e involucri in vetro, con ben definiti requisiti prestazionali.
In realtà lo sviluppo dei tessuti tecnici e dell’architettura pneumatica, da Richard Buckminster Fuller a Nicholas Grimshaw, fino alle più recenti sperimentazioni delle Expo Internazionali (Milano, Shangay, Pechino, ecc.), ha ricondotto l’uso del tessuto, scaturito dalle ultimissime ricerche, alla funzione originaria di elemento fondamentale per il riparo. Basti pensare all’ormai datato Stadio di Monaco di Herzog&De Meuron il cui involucro consta di leggerissimi cuscini pneumatici retroilluminati, o il volume del Water Cube di Pechino, ilcentro natatorio costruito per le Olimpiadi del 2008, progettato dagli architetti PTW in collaborazione con Arup.

La realizzazione di involucri tessili con tessuti tecnici per grandi strutture come stadi o centri polifunzionali è stata possibile soprattutto con lo sviluppo delle nuove tecniche costruttive in acciaio o legno lamellare, grazie alle quali si sono realizzate le sottostrutture di sostegno dei tessuti, che a loro volta sono diventatati una pelle tecnologica ad alte prestazioni: energetiche, comunicative, funzionali.
L’innovazione tecnologica nei mezzi di produzione e la ricerca in ambito dell’ingegneria dei materiali oggi consente di realizzare tessuti sempre più performanti e adattabili a qualsiasi ambiente e funzione. Considerando l’impatto del cambiamento climatico e la diminuzione delle risorse energetiche, la ricerca di strategie più efficienti sotto il profilo energetico è inevitabile. Gli involucri edilizi, come interfaccia tra edifici e ambiente, giocano un ruolo fondamentale in questo contesto perché hanno la potenzialità di ottimizzare il trasferimento di aria, acqua, calore, luce e rumore aumentando la sinergia con la natura e adattandosi all’ambiente in continua evoluzione. In quest’ottica il tessuto, che tradizionalmente viene relegato a funzione schermante o al rivestimento di una piccola porzione di edificio, ora diventa materiale predominante sul cui si è concentrata la ricerca tecnologica.

Europe Building, DUS architects © Ossip van Duivenbode

Negli ultimi anni lo sviluppo di nuove tecnologie di fabbricazione come la stampa 3D per la produzione di facciate tessili leggere e performative, in combinazione con le recenti invenzioni sul livello molecolare della composizione del materiale consente la creazione di nuove strutture tessili che si adattano, si auto-azionano e riconfigurano.

La tecnologia di stampa 3D è ora entrata prepotentemente anche ambito edilizio e può essere usata a grande scala, già da qualche anno vediamo prototipi per la realizzazione di moduli abitativi con materiali diversi, anche naturali.  Idealmente può essere impiegato qualsiasi materiale che possa essere trasformato da polvere o liquido in solido, che grazie alla temperatura o a una radiazione laser può essere stampato: plastiche, cere, resine, metalli, ceramici e paste, ma anche materiali organici. Oltre un centinaio di materiali sono già utilizzati nella stampa 3D e il loro numero è in continua crescita. In occasione della conferenza “A call to save the world”, l’azienda WASP ha presentato la prima casa stampata in 3D con la terra. In questo caso sono stati utilizzati materiali naturali provenienti dal territorio circostante, forniti da una startup italiana, che opera nel campo della bioedilizia tramite l’uso di materiali di scarto provenienti dal riso. Non è mancata la sperimentazione made in Russia del modulo abitativo in miscela cementizia
I primi materiali ad essere sperimentati sono stati quelli a base polimerica, utilizzati attualmente anche per le schermature solari e per l’architettura tessile. I manufatti così realizzati hanno tempi di costruzione e smaltimento ridotti, in relazione ai costi sostenuti, materiali riciclabili, strutture leggere e removibili. Con questa tecnologia è stato realizzato il 3D Building Facade per EU Building di DUS Architects ad Amsterdam nel 2015.

La facciata principale del padiglione è realizzata con elementi modulari in tessuto a base bio-plastica, prodotti con la stampa 3D, che possono essere completamente riciclati dopo la fine della presidenza olandese. La facciata riproduce la forma delle vele delle navi storiche tipiche di questa area geografica. Il rivestimento realizzato da materiale composito (a base bioplastica) stampato in 3D su una struttura in tessuto del tipo pre-stress. La facciata è composta da una serie di pannelli verticali che sembrano essere stati sollevati sulla base per creare aperture triangolari che richiamano gli ingressi della tenda.
Una nuova tecnologia di produzione si basa sulla stampa 4D di un tessuto pre-stress, che è uno dei metodi per trasformare i tessuti nelle forme tridimensionali desiderate, sviluppato dal MIT Self Assembly Lab. Una volta che il tessuto viene rilasciato dallo stato pre-stress, si piega in una forma specifica. Il risultato è dato dall’interazione tra le forze di tensione del tessuto e la rigidità della geometria stampata in 3D. La tecnica sfrutta l’elasticità e le proprietà auto-modellanti di tali strutture sulla scorta delle prestazioni, la materialità, la modularità e la scalabilità del risultato. Questa metodologia per la creazione di strutture tessili tridimensionali e leggere ha molte potenziali applicazioni, in a particolare negli involucri edilizi che rispondono attivamente o passivamente alle condizioni ambientali.

Eye_Beacon Pavilion, Amsterdam, 2016, UNStudio © Janus van den Eijnden

La tecnologia sviluppata da MIT Self-Assembly Lab, in collaborazione con Stratasys e Autodesk, si chiama 4D Printing e consiste in un nuovo processo per la stampa di materiali intelligenti personalizzabili. La stampa 4D consente stampe multi-materiale utilizzando una stampante che ha la potenzialità di trasformare la forma da uno stato all’altro direttamente dal piano di stampa. Questa tecnica offre un percorso semplificato dall’idea alla realizzazione, garantendo una piena funzionalità integrata direttamente nei materiali.

In pratica, con una singola stampa multi-materiale, un prodotto o un meccanismo può trasformarsi da qualsiasi filo 1D in forma 3D, superficie 2D in forma 3D o metamorfosi da una forma 3D a un’altra, utilizzando solo acqua, calore, luce o altri semplici input di energia.  La stampa 4D così brevettata consente quindi adattabilità e flessibilità di produzione per la realizzazione di strutture e sistemi di tutte le dimensioni.
In particolare il prodotto denominato Active Textile (Cooper Hewitt, Smithsonian Design Museum – The Senses: Design Beyond Vision Exhibition, 2018), di recente presentazione, è  un tessuto composito caratterizzato da lavorazioni assimilate a “tagli” cosicché il tessuto può variare la forma  in risposta a uno stimolo luminoso, come fosse composto da una serie di elementi che si aprono e chiudono.  Il Self-Assembly Lab del MIT infatti indaga su materiali programmabili –smart materials- che reagiscono agli stimoli ambientali senza l’intervento di meccanismi robotici (tecnologie intelligenti). Il tessuto così realizzato può essere utilizzato con funzione schermante per le aperture su piccola e grande scala. Il tipo e la dimensione dei moduli e delle aperture potrebbero essere programmati per chiudersi in risposta alla luce del sole, fornendo ombreggiature minime o una giornata nuvolosa o massime in un ambiente molto soleggiato.

Eye_Beacon Pavilion, Amsterdam, 2016, UNStudio © Janus van den Eijnden

Sempre nell’ambito degli smart textile, appare interessante anche la sperimentazione realizzata lo scorso anno per il MoMA da Jenny Sabin Studio, studio di progettazione architettonica con sede a New York, che ha vinto il concorso Young Architecture Program del MoMA PS1 con progetti di una schermatura realizzata con pannelli solari tessili robotizzati.

Rispondendo a un brief di concorso per la progettazione di un riparo sostenibile, Sabin ha sviluppato una copertura realizzata con tessuti fotoluminescenti riciclati che assorbono l’energia solare per produrre luce.

La copertura è sorretta da strutture tubolari rivestite con un tessuto a maglia leggero. Queste “stalattiti di tessuto”, come sono state definite, sono corredate di un sistema idraulico-digitale di nebulizzazione per rinfrescare i visitatori che cercano riparo dal sole. Una serie di sgabelli a forma di bobine, realizzate con materiali riciclati a base di smart textile idrocromici (variazione di colore a contatto con i liquidi), variano colore trasmettendo messaggi e grafismi per i visitatori. Si tratta di un sistema responsivo, realizzato con tessuti leggeri lavorati a maglia, ad alte prestazioni, adattivi.

Attraverso riferimenti diretti alla flessibilità e alla sensibilità del corpo umano, Lumen integra materiali e architetture adattivi in ​​cui codice digitale, pattern, interazione umana, ambiente, geometria e materia operano insieme. Il risultato nell’applicazione di questa struttura schermante è la realizzazione di uno spazio pubblico interattivo e multisensoriale.  

La luce e il colore quindi diventano parte integrante di questo progetto e lo caratterizzano, come molte altre sperimentazioni temporanee di architettura contemporanea.

Eye_Beacon Pavilion, Amsterdam, 2016, dettaglio, UNStudio © Janus van den Eijnden

Infatti, anche UN Studio, società internazionale di architettura, dotata di Centro Ricerca sulle tecnologie innovative, ha realizzato con il tessuto un edificio dove la forma è il risultato di un gioco di volumi e luci colorate che filtrano dall’involucro tessile evanescente.

Il padiglione Eye_Beacon per l’Amsterdam Light Festival di UnStudio è stato ispirato dalla biomimetica, tema centrale del festival, ovvero l’imitazione di fenomeni naturali allo scopo di risolvere problemi umani complessi.

Il design trae spunto alle profondità marine, dove gli organismi viventi contrastano l’oscurità del loro ambiente impiegando la bioluminescenza come meccanismo di attrazione e comunicazione. Tramite il progetto delle luci che traspaiono dal tessuto dell’involucro, Eye_Beacon funge sia da landmark che da reception per le persone che visitano il festival.

La struttura è composta da due volumi cubici collegati fra loro in una torsione formale della superficie. Il padiglione è rivestito da 250 pannelli di dimensioni irregolari e, pertanto, ha richiesto l’ottimizzazione parametrica del progetto dei pannelli per garantire un’efficiente fabbricazione e installazione.

La superficie del padiglione è costruita con moduli tessili, assemblati a trazione, che nell’insieme creano un gioco di aperture e rivelano scorci dell’interno. I pannelli tessili sono stati progettati sia in 2D che 3D e consentono la connessione a torsione dei due volumi cubici, dando vita a una forma scultorea rafforzata dai suoi componenti.

Le proiezioni luminose interne, a variabilità cromatica, determinando una composizione in costante cambiamento di luce e colore.

In conclusione, dalle innovazioni fin qui analizzate, emerge come il concetto di schermatura oggigiorno assuma un significato sempre più flessibile e trasversale. Una schermatura o un sistema schermante o un tessuto, in termini più generali assurge a funzione di difesa, protezione, mediante uno o più schermi. Le tecnologie digitali oggi preposte sia alla produzione di nuovi tessuti, tramite appunto la stampa 3D e 4D, sia al controllo dei sistemi schermanti in toto e loro valorizzazione (colori e luci interattivi), consentono la realizzazione di schermature per applicazioni e usi in ambiti anche diametralmente opposti a quelli tradizionali. Dalle installazioni artistiche, ai padiglioni temporanei, alle coperture interattive…. I tessuti oggi prodotti con queste nuove tecnologie palesano prestazioni energetiche e sostenibili decisamente innovative, che ne preannunciano potenzialità future su vasta scala anche per gli edifici residenziali e spazi urbani storicizzati, con ricadute positive dal punto di vista economico e della qualità ambientale.

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