di Alessandro Premier
Nel settore delle costruzioni, in particolare alle nostre latitudini, il concetto di involucro tessile è entrato in uso in tempi relativamente recenti. L’impiego di materiali tessili infatti, oltre alle tende da sole, è stato per lungo tempo confinato alla realizzazione di manufatti effimeri destinati a settori ben precisi come tende da campo, coperture e padiglioni temporanei. Con l’introduzione di nuovi materiali come le membrane per tensostrutture e i tessuti tecnici si sono ampliate notevolmente le possibilità di impiego dei tessili fino a concepirne l’utilizzo in edifici stabili nel tempo. Le alte prestazioni offerte da questi materiali in termini di tenuta agli agenti atmosferici, durabilità, coefficiente di trasmissione della luce e facile manutenzione, hanno permesso l’impiego degli stessi nella realizzazione di involucri edilizi.
I tessuti tecnici possono essere utilizzati nell’involucro edilizio come schermatura solare ma anche come rivestimento di facciata. In alcune circostanze possono essere utilizzati come unico limine di separazione fra interno ed esterno. In Italia l’utilizzo prevalente di questi materiali si colloca nell’ambito delle schermature solari, nelle grandi coperture (stadi, fiere), in costruzioni temporanee e nelle applicazioni più tradizionali. Molto limitato sembra l’utilizzo dei tessuti tecnici come rivestimento di facciata, soprattutto in ambito residenziale, dove sembrano dominare altri materiali e tecnologie. Questo fenomeno potrebbe essere causato almeno da due fattori. In primo luogo da fattori culturali: probabilmente nel nostro paese vi è ancora una sorta di pregiudizio nei confronti dei materiali più avanzati, soprattutto quando riguardano la configurazione e l’aspetto delle facciate degli edifici. Problema accentuato quando ci si trova ad operare nei centri urbani, specialmente se con vincoli paesaggistici o più stringenti. Si tenga presente che appena fuori dall’Italia, ad esempio in Austria, gli involucri tessili si materializzano in una vasta gamma di edifici pubblici e privati: shopping mall, aeroporti, parcheggi multipiano ecc. (ad es. l’Airport Car Park di Vienna degli architetti “25Peaces”). Soluzioni che troviamo anche in interventi di riqualificazione nei centri storici (ad es. Innsbruck). In secondo luogo vi è una ancora limitata conoscenza da parte dei professionisti che operano nel settore della progettazione circa le potenzialità prestazionali, tecnologiche ed espressive di questi materiali. A questo si aggiunge una diffidenza generale nei confronti di materiali dei quali si ha un’idea obsoleta ancora legata a vecchi concetti quali bassa durabilità e scarsa possibilità di pulizia e manutenzione. Pertanto sembra quanto mai necessaria un’adeguata cultura dell’informazione circa le caratteristiche e le potenzialità dei materiali e delle tecnologie attuali per l’involucro tessile, ricondotti sempre all’aspetto centrale dell’architectural design che di volta in volta caratterizza e rende unici i progetti di architettura.
Involucro e rivestimento
In termini molto generici, in un organismo edilizio si identifica col termine involucro l’elemento architettonico di frontiera che delimita l’organismo stesso dallo spazio circostante. Questo elemento di frontiera ha oggi funzioni sempre più complesse in quanto, non solo strumento di separazione fisica – l’insieme delle chiusure esterne – ma anche strumento di controllo, filtro e comunicazione con l’esterno. In questo ambito i materiali tessili non sono più solo chiamati ad assolvere la funzione di schermatura solare, anche se utilizzati su grandi superfici vetrate. Le tecnologie oggi disponibili consentono l’impiego dei tessili in una serie di funzioni molto articolata nell’ambito dell’involucro edilizio.
Possiamo distinguere due ambiti di applicazione ben definiti: l’impiego dei tessili come rivestimento di facciata (e anche schermatura) e l’impiego del tessile come unico elemento di delimitazione fra interno ed esterno. A seconda dell’ambito di applicazione possono essere richieste prestazioni diverse ai materiali utilizzati. Nel primo caso i tessili sono una delle componenti della stratigrafia che costituisce l’involucro edilizio. Nel secondo caso sono l’unica componente che costituisce il limine fra interno ed esterno.
I tessili impiegati come rivestimento possono essere applicati davanti alle superfici traslucide/trasparenti (finestre, vetrate ecc.), integrati ad esse, ma anche davanti alle superfici opache (pareti perimetrali). Oltre ad assolvere la funzione di controllo dell’illuminazione naturale essi costituiscono il limine esterno, lo strato di sacrificio. In termine tecnico questa operazione si definisce “over-cladding” ed è una soluzione molto valida anche nell’ambito della riqualificazione, rigenerazione e valorizzazione dell’ambiente costruito*. Forniscono quindi protezione agli strati sottostanti che svolgono altre funzioni quali isolamento termico ecc. All’estero vi sono moltissimi esempi di involucri dove i tessili sono impiegati come rivestimento di facciata. Fra i più celebri la Danish Radio Concert Hall a Copenhagen progettata dall’architetto Jean Nouvel (2009). Nella foto (Fig. 1) possiamo vedere invece il rivestimento di facciata in tessuto metallico dello Stade de Suisse a Berna progettato dagli studi Marazzi Generalunternehmung AG (2005).
I tessuti tecnici attuali consentono la realizzazione di edifici dove l’intero involucro è costituito dallo stesso materiale tessile. Essi possono essere utilizzati per edifici di carattere temporaneo come padiglioni espositivi o per edifici stabili nel tempo. Tra i grandi protagonisti del Novecento che hanno pensato ad edifici di grandi dimensioni con un involucro completamente tessile vi è stato il pioniere della prefabbricazione leggera Richard Buckminster Fuller (1895-1983). Le sue cupole geodetiche realizzate in telaio metallico potevano essere completate con un involucro leggero costituito da membrana tessile. Un esempio tipico è la cupola ora installata presso il Campus Vitra a Weil am Rhein in Germania (Fig. 2). Il sistema fu brevettato nel 1954 negli USA. Inizialmente pensata come ricovero per le truppe, i feriti o i rifugiati è costituita da tubolari in alluminio con connessioni plug-in per facilitarne il rapido smontaggio. Quella installata presso il Campus Vitra fu realizzata nel 1975. Installata presso il Campus nel 2000, è utilizzata per eventi ed esposizioni. Sempre nell’ambito degli edifici temporanei/trasportabili, le membrane tessili sono utilizzate anche per la realizzazione di involucri pneumatici: un esempio recente è il primo teatro gonfiabile chiamato Ark Nova, installato anche a Fukushima in Giappone su progetto dell’architetto Arata Isozaki e dell’artista Anish Kapoor (2013).
Tra gli edifici stabili, oltre a numerosissime tensostrutture, celeberrimo è l’esempio della cupola del Millennium Dome a Londra, progettata dall’architetto Richard Rogers (2000), ora utilizzata come sala per concerti rock ed eventi sportivi. La membrana è impermeabile e protegge dagli agenti atmosferici. Allo stesso tempo permette alla luce di trasmettersi in modo diffuso in tutto lo spazio interno.
Materiali
I materiali per la realizzazione degli involucri tessili possono essere distinti, semplificando, in due macro-categorie: compositi e metallici. I materiali tessili compositi sono costituiti da fibre di varia natura (polimeriche, minerali ecc.) tessute (raramente incollate) rivestite con materiali impermeabilizzanti che ne aumentano le prestazioni. I tessuti metallici sono costituiti da cavi, trefoli, funi o strisce combinati fra loro e realizzati con le varie leghe disponibili sul mercato. Con i compositi è possibile realizzare superfici perfettamente impermeabili. Con i metalli questo non è possibile. Un’altra differenza sostanziale è il peso, generalmente molto più elevato nei tessuti metallici.
Compositi
Attualmente, per garantire buone prestazioni globali, si preferiscono tessuti spalmati cioè dotati di uno strato protettivo esterno, in genere cloruro di polivinile (PVC), politetrafluoroetilene (PTFE) e silicone. Questi tessuti (detti anche tecnici) sono dotati di uno strato di finitura in grado di proteggere la prima spalmatura dai raggi UV. I materiali più usati per quest’ultima applicazione sono il polivinilfluoride (PVF) e il polivinildenfluoruro (PVDF). I tessuti più diffusi per la loro resistenza a trazione sono realizzati con fibra di poliestere trattata con PVC oppure fibra di vetro trattata con PTFE. I primi hanno un’ottima durata nel tempo (oltre 25 anni), un basso peso specifico (1450g/mq) e coefficiente di trasparenza del 4%. I secondi hanno durata di circa 25-30 anni, resistenza allo strappo inferiore e coefficiente di trasparenza più alto (fino al 13%). Il primo inoltre è in classe 1 per la resistenza al fuoco (Normativa Italiana), mentre il secondo è infiammabile. Altri tessuti molto utilizzati sono la fibra di vetro rivestita in PVC, la fibra di vetro rivestita in silicone, il Tenara® rivestito in PTFE. I tessuti tecnici possono essere microforati (screen) per permettere un certo grado di traspirabilità. Una tecnologia applicata soprattutto ai tessuti in fibra di poliestere spalmata con PVC è il pretensionamento in due direzioni (Cfr. tecnologia Serge Ferrari Précontraint®) che permette una maggiore stabilità del tessuto. Un esempio di involucro tessile realizzato con tessuto microforato e pretensionato (Serge Ferrari) è stato il China United Corporate Pavilion all’Expo 2015 di Milano (Fig. 3).
Esistono inoltre fibre incollate di varia natura derivanti dal settore nautico e applicate ai rivestimenti di facciata. Il primo esempio in tal senso fu la sede di Luna Rossa a Valencia progettata da Renzo Piano (2006).
I parametri di controllo principali per questo tipo di materiali sono: la stabilità dimensionale del tessuto, cioè la sua capacità di mantenere le dimensioni originali in diverse condizioni di temperatura e umidità; la resistenza alla lacerazione, legata alla capacità del tessuto di resistere all’ampliamento di una lacerazione iniziale; l’impermeabilità, la resistenza ai raggi UV e la resistenza agli agenti chimici. Altri parametri sono il grado di traslucenza e la tenuta del colore: è molto importante in questi edifici il passaggio di una certa quantità di luce naturale attraverso le membrane. Si segnala la possibilità di raggiungere discreti livelli di isolamento termico con strutture composite a doppia membrana con interposto del materiale isolante (Aerogel). L’isolamento acustico è limitato al solo effetto di smorzamento delle alte frequenze. Sono in via di perfezionamento tecnologie per garantire l’autopulizia dei tessuti.
Metallici
La produzione di tessili metallici è sottoposta a normativa tedesca DIN. I tessuti sono classificati dai singoli produttori in base al tipo di orditura ed eventualmente al metallo utilizzato. Vi sono poi una serie di parametri fondamentali, che l’azienda è tenuta ad indicare, per determinare il tipo di applicazione ottimale di un tessuto. La superficie aperta (espressa in percentuale): indica il rapporto tra spazi vuoti e area totale del tessuto. Il diametro dei fili utilizzati: spessore in millimetri dei fili che compongono la trama e l’ordito. L’interasse tra i fili di ordito e i fili di trama che generano il tipo di maglia. Lo spessore complessivo del prodotto finito. Il peso, espresso in Kg/mq. Larghezza massima e larghezza standard di produzione.
I principali materiali metallici utilizzati per la tessitura in cavi sono: l’acciaio inox, acciai speciali quali Cromax, Incoloy, Inconel, Monax, Duplex, al nickel-cromo, zincati, al titanio, al carbonio oppure leghe di alluminio, rame, rame stagnato, ottone e bronzo fosforoso. Chiaramente l’uso di un materiale rispetto a un altro determina anche il colore del tessuto. I tessuti inoltre possono essere colorati chimicamente o verniciati.
La quantità di orditure diverse in commercio è talmente vasta da poter soddisfare ogni richiesta progettuale. I tessuti metallici sono caratterizzati da grande durabilità. Possono essere utilizzati nella schermatura solare e nei rivestimenti di facciata.
Tecnologie e Design
I tessuti tecnici e i tessuti metallici si prestano ad impieghi diversi nell’ambito degli involucri architettonici. In tal senso tecnologie e design vanno di pari passo in quanto ogni materiale si adatta meglio a specifici sistemi di posa o ancoraggio. Allo stesso modo a determinate forme e geometrie si adattano meglio certi materiali piuttosto che altri. Ad esempio i tessuti metallici a causa del peso e delle modalità di applicazione (principalmente tesatura) sono perlopiù utilizzati per rivestimenti piani (verticali, orizzontali, inclinati), generalmente di forma rettangolare o quadrata. I tessuti tecnici possono essere utilizzati per coprire forme curve e sinuose o per realizzare pannelli dalle geometrie molto complesse o fluide.
In linea del tutto generale i tessuti metallici possono essere fissati a telaio, per sospensione o per tesatura. Il fissaggio a telaio consente la realizzazione di geometrie varie in quanto il tessuto viene fissato ad una cornice. Se il tessuto è sufficientemente rigido può assumere geometrie curvilinee come nel progetto “Boiler Suit” presso il Guy’s Hospital di Londra progettato da Thomas Heatherwick (2007) dove la facciata al piano terra è caratterizzata da pannelli che riproducono un’alternanza di superfici concave e convesse con ampio scarto. Il fissaggio per sospensione avviene generalmente sul lato superiore: il tessuto è appeso verticalmente, oppure mediante fissaggi puntiformi. In questo caso si utilizzano tessuti sufficientemente rigidi nelle due direzioni in modo da garantire stabilità anche in caso di vento. Il fissaggio per tesatura è quello più diffuso: il tessuto viene fissato alle estremità e messo in tensione con delle molle, questo consente di assorbire con facilità le variazioni dimensionali del tessuto al variare delle condizioni ambientali (Fig. 04).
Più articolate le possibilità offerte dai tessuti tecnici. Trattandosi perlopiù di tessuti pretensionati si avranno sistemi di ancoraggio con fune di bordo su passante ricavato nel tessuto (piega saldata/cucita) la stessa viene fissata a sua volta su un telaio metallico portante, a volte sono ricavate delle tasche “a strappo” per poter rimuovere molto velocemente il materiale. Talvolta il tessuto è ancorato con questa modalità direttamente su alcuni elementi della struttura portante. Altri sistemi prevedono sempre una fune di bordo (a ghirlanda o su morsetti) sempre fissata alle strutture portanti. In altri casi si avrà invece un bordo fisso (la fune consente lo scorrimento del tessuto) con morsetti o tondini su passante (Cfr. H.J. Schock, Atlante delle tensostrutture, Utet, Torino, 2001). Le varie soluzioni con fune passante consentono di creare pannelli con geometrie molto variegate. Dal triangolo fino a forme fluide e irregolari (petali, foglie, ecc.). La facciata quindi può essere composta da elementi regolari, più o meno uniti fra loro, che creano una superficie continua, come nel China United Corporate Pavilion all’Expo 2015 (Fig. 05) oppure costituta da un pattern (motivo continuo) di elementi affiancati come i pannelli che simulano le foglie delle pannocchie nell’involucro del Padiglione del Messico all’Expo 2015.
Per i tessuti non pretensionati possono essere utilizzati dei profili a pinza o la classica fune di bordo su occhielli come nel caso dell’ingresso al Padiglione del Vino Italiano all’Expo 2015 progettato dall’architetto Italo Rota (Fig. 06).
Quanto indicato rappresenta ovviamente una traccia per iniziare l’esplorazione di un campo molto vasto come quello dell’involucro tessile. Argomento che merita di volta in volta un’analisi specifica su ognuna delle tematiche qui proposte in linea generale. Infatti, quanto sembra emergere dall’osservazione di certe pubblicazioni di settore, è una certa frammentarietà degli argomenti fatta di presentazioni e proposte specifiche non integrate in un quadro razionale che permetta di ricondurre tutto al tema principale della progettazione ambientale, argomento che dovrebbe fare da collante fra tutti gli altri e soprattutto da discriminante per direzionare le scelte progettuali che, come è visibile sul nostro territorio nazionale (pur con le dovute specificità) non sembrano ancora in linea con quanto accade normalmente in altri paesi d’Europa.
*Per un approfondimento si rimanda al libro: L’involucro rivestito di P. Zennaro, K. Gasparini, A. Premier
Alessandro Premier, architetto, dottore di ricerca in Tecnologia dell’Architettura, consegue il PhD con la ricerca “Zona mobile. Tecnologie per l’integrazione architettonica di elementi schermanti mobili”. Docente a contratto di Tecnologia dell’Architettura presso l’Università di Udine, Dipartimento Politecnico di Ingegneria e Architettura, Corso di Laurea in Scienze dell’Architettura, ha insegnato presso l’Università Iuav di Venezia e tenuto seminari presso il Politecnico di Milano. Socio fondatore del Centro Ricerche “Eterotopie. Colore, luce e comunicazione in architettura” ha all’attivo oltre 90 pubblicazioni sui temi di ricerca, tra le quali si segnala il libro Superfici Dinamiche. Le schermature mobili nel progetto di architettura, Franco Angeli, Milano, 2012. Attualmente è docente presso l’Università di Auckland.